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Nella pancia della mamma ha inizio la fase orale del bambino: vediamo come

Nella pancia della mamma ha inizio la fase orale del bambino: vediamo come

Si intende con fase orale, il periodo che va, circa, dalla tredicesima settimana di gestazione fino ai 24-36 mesi del bambino. Il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud (1856-1939), ha definito questa fase “orale” (dalla parola latina os-oris-bocca) proprio perché il ruolo della bocca è centrale: sarà la parte del corpo che il bimbo utilizzerà per molti mesi, con lo scopo di scoprire l’ambiente intorno a lui, per esplorarlo e come fonte di gran piacere. 

Come ne parlano anche le due autrici, la terapeuta familiare Nessia Laniado e la psicologa Silvia Veggetti Finzi, la bocca è la parte più sensibile del corpo, con essa il bambino molto piccolo, partendo appunto dalla pancia della mamma, e subito dopo alla nascita, si apre al mondo e fa esperienza sulle percezioni, capisce intorno a sé cosa vive e impara da queste piccole prime preziose sensazioni, nonostante non parli e non cammini ancora. Già dall’ecografia della tredicesima settimana di gestazione, lo si vede con il ditino in bocca, intento a succhiare il pollice, a dimostrazione di come questa azione sia un riflesso naturalissimo e un impulso di cui non può fare a meno, perché insito nel DNA e atto puramente fisiologico e necessario.

Dall’allattamento all’uso del ciuccio

Durante il periodo dell’allattamento, il bimbo, dal pollice in bocca dentro il ventre della mamma, passa a soddisfare il suo bisogno innato, l’impulso alla suzione, attraverso il contatto stretto con la mamma, una vera e propria fusione. 

Alcuni bambini ottengono così quanto di più necessario, altri trovano nuovamente nel dito in bocca una valida alternativa al seno della mamma, soprattutto nella fase dello svezzamento, in cui viene interrotto l’allattamento e si comincia a passare al cibo, a circa 6 mesi; medesimo periodo in cui il bimbo prova a portare qualsiasi cosa in bocca. Inizia così la sua esplorazione del mondo, proprio attraverso le percezioni sensoriali orali.

Il dito in bocca diviene centrale in questa fase e non deve essere considerato un vizio da togliere, ma un piacere per il bimbo, con esso impara a rassicurarsi, a rilassarsi e consolarsi, ad addormentarsi da solo, quando non c’è la mamma; un vero e proprio sostituto della mamma, come lo sarà anche il ciuccio più avanti. 

Sia il dito in bocca che il ciuccio vengono definiti, da Donald W.Winnicott (1896-1971), oggetti transizionali , che permettono al bimbo di passare, “transitare” nella maniera più graduale possibile, dalla unione spirituale con la mamma, ad un distacco lento da quest’ultima, di riuscire quindi a instaurare un rapporto nuovo, un legame ed una conoscenza sempre più intensa con il mondo fuori, che lo circonda, con gli oggetti reali con cui si rapporterà crescendo.

Le caratteristiche del ciuccio e il suo corretto utilizzo

Abbiamo detto che, il bisogno del bambino di portare il dito in bocca non va contrastato assolutamente, ma sicuramente, come afferma e consiglia anche la giornalista e terapeuta familiare Nessia Laniado, che tratta con molta attenzione la tematica del ciuccio, sarà più facile per il genitore, ma soprattutto per il bimbo stesso, aver più controllo tramite il ciuccio; il dito, a lungo andare, potrebbe anche subire notevoli modifiche o lesioni cutanee, mentre il ciuccio, oltre ad essere un oggetto non sempre alla portata del bambino, quindi non soggetto ad abuso, potrà essere cambiato quando usurato. 

Vediamo adesso qualche utile suggerimento per la gestione ed il controllo del ciuccio:

  • Per prima cosa, non dobbiamo pensare al cuccio come “contenitore” del pianto del nostro bambino, se offriremo il ciuccio in ogni occasione di pianto, non ci sarà modo per il bambino di farci capire i suoi bisogni.
  • Diamo al ciuccio occasione di essere necessario al bambino quando è l’ora della nanna, anche durante il pisolino pomeridiano per auto addormentarsi; per consolarsi ma in poche situazioni scelte: una potrebbe essere certamente l’entrata di mattina al nido, momento sempre delicato per via del distacco dal genitore.
  • Importante, quando abbiamo il bimbo in braccio, magari dopo una caduta, un momento qualsiasi di crisi, non offrire anche il ciuccio, insegniamogli invece che già le braccia sono una consolazione; per cui, il ciuccio non ricoprirebbe più il ruolo di consolatore, ma solo quello di mero oggetto senza significato. Diamo ovviamente possibilità di scegliere: “In braccio o ciuccio??”.
  • Infine, occorre tenere sempre presente che, dopo i tre anni, il ciuccio andrà definitivamente tolto, perché da quel momento in poi il palato del bambino sarà più soggetto alle deformazioni.

Come togliere il ciuccio: pratici consigli

Se è giustissimo, dopo i tre anni, togliere il ciuccio, è altrettanto esatto affrontare questa fase in maniera estremamente delicata. Il ciuccio, come riportato anche sopra, fa parte di quegli oggetti che il bambino utilizza, come tramite, per passare da una fase di crescita all’altra, per cui ha un valore emotivo e psicologico molto alto, da non sottovalutare. 

Vediamo come accompagnare il nostro bimbo ad allontanarsi da questo oggetto, senza grossi traumi:

  • Iniziamo innanzitutto senza fretta, né pressioni, non carichiamo di ansia o il bambino con critiche e commenti negativi o rimproveri, se all’inizio non sarà collaborativo.
  • Quindi, per affrettare il tutto, non facciamo sparire il ciuccio senza il minimo preavviso, il bambino potrebbe certamente vivere l’evento in modo devastante e sentirsi perso, non riuscendo più a trovarlo.
  • Procediamo invece, un passettino alla volta, a seconda dei momenti della giornata, durante il gioco, l’attività sportiva, o in gita con amichetti al parco, facciamo sì che lo tolga e lo riponga, per poi rimetterlo in seguito (comincerà lentamente a prenderne le distanze).
  • Come ultima fase, decidiamo un rituale di allontanamento-abbandono definitivo dal ciuccio, in modo però che partecipi il bimbo e lo viva in prima persona: regalarlo ad una persona cara; donarlo ad un amichetto del cuore!  Oppure in estate, durante la vacanza, pensare di lasciarlo in spiaggia, sotto la sabbia dove si è giocato per l’intera estate e dove i granchietti potranno trovarlo; il momento rimarrà quindi legato al gioco e al mare, in più il bimbo, il protagonista dell’evento, si renderà consapevole e cosciente di quanto avvenuto, lasciandosi alle spalle l’oggetto con un sereno e  bellissimo ricordo!

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