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Aggressività del bambino: perchè morde e quando preoccuparsi

Aggressività del bambino: perchè morde e quando preoccuparsi

Nonostante l’estrema soggettività con cui un bambino possa affrontare le varie fasi della sua crescita, considerando quindi l’educazione, il tipo di ambiente che lo circonda e la sua influenza, esiste un momento che può essere comune a molti bimbi, in cui viene a manifestarsi una aggressività spesso poco compresa dagli adulti intorno a lui.

Alberto Oliverio, Professore di psicobiologia all’Università di Roma “La Sapienza”, spiega, nel suo libro “Il cervello che impara. Neuropedagogia dall’infanzia alla vecchiaia“, come l’aggressività del bambino piccolo sia sostanzialmente una forma di comunicazione con cui esprime i suoi sentimenti, i suoi stati d’animo; qui di seguito, alcune caratteristiche riferite a due fasce di età specifiche:

  • 1-2 anni circa: il bimbo può picchiare, urlare, colpire o mordere ma queste manifestazioni generalmente non sono un problema perché non ha ancora acquisito una proprietà di linguaggio sufficiente per farsi comprendere; quindi, l’intenzione non è di far male, assolutamente, spesso non si rende conto delle azioni e non gestisce la sua forza.
  • 3-4 anni circa: c’è un controllo più sviluppato delle sue azioni e la proprietà del suo linguaggio va affinandosi, la capacità di esprimersi evolve sempre di più, ciò che dai genitori viene manifestato come esempio e come regola viene compreso e diviene basilare in questa fascia di età, proprio per i comportamenti che andrà manifestando in futuro. Nonostante ciò, importante è sottolineare come l’autocontrollo, essendo parte e funzione cognitiva della corteccia frontale cerebrale, non sia del tutto ben regolato, perché il cervello del bambino non è ancora maturo abbastanza per autodisciplinarsi. 

Accade spesso che, in situazioni stressanti, come quando c’è mancanza di sonno, stanchezza o tensioni in famiglia, si possano scatenare  atteggiamenti aggressivi; uno su tutti è il morso, che può essere considerata manifestazione usuale in contesti come la scuola e come principale causa scatenante, poi, di liti e fraintendimenti tra adulti e bambini.

Perché il bambino morde e quando preoccuparsi?

Jesper Juul, terapeuta familiare e autore di vari testi per genitori e professionisti, come ad esempio “Bambini con le spine”, li aiuta tranquillizzandoli su una manifestazione di aggressività più diffusa tra i più piccini : il morso e l’atto del mordere, soprattutto nel nido dove i bambino sperimentano per la prima volta  la frustrazione della lontananza dal genitore e poi, in seguito, nella scuola dell’infanzia, dove i bimbi cominciano ad acquisire più competenze sociali, le amicizie ed i rapporti si consolidano, ma vanno a crearsi  anche le prime piccole situazioni conflittuali.

Nello specifico, cerca di chiarire una volta su tutte come,  l’atto del mordere, non sia assolutamente un atto aggressivo paragonabile ad una manifestazione  di violenza pura; nonostante sia giusto e responsabile non sottovalutare, si scatenano spessissimo episodi, successivi al morso, tra genitori e figli o anche solo tra genitori, di isteria incontrollabile, nascono e si immaginano chissà quali problematiche sulla natura comportamentale del  bambino e su come poter risolvere rivolgendosi a professionisti come psicologi o psichiatri, senza la minima consapevolezza di quello che realmente stia accadendo al bambino.

Un bambino che ha tra i due-tre anni circa, a meno che non sia intento quotidianamente a mordere o mordersi anche solo, oppure a lasciare su altri ferite molto profonde, sta solo sperimentando il modo migliore per esprimere ciò che prova, attraverso quello che di più sviluppato ha: ovvero i muscoli della bocca i suoi nuovi dentini. 

Come già affermato sopra, sta sì affinando anche il suo linguaggio, ma non ha del tutto ancora acquisito il controllo delle sue capacità cognitive e non ha sicuramente un linguaggio adeguatamente pronto per l’espressione esatta delle sue emozioni, a loro volta neanche troppo chiare al bimbo stesso.

Il morso può esprimere due stati emotivi completamente distanti tra loro: potrebbe voler dire e celare ricerca di attenzioni ed affetto, voler legarsi alla persona, oppure la più ovvia dimostrazione di rabbia e collera per qualcosa che non è stato gradito. La maggior parte delle volte, comunque, il morso, oppure “morsettini” sul braccio ma anche sul viso, sulle guance, sono gesti di amore e affetto.

Per approfondire:

Contrastare l’aggressività senza minacce e ricatti: vediamo come fare

Sebbene sia appurato che la maggior parte delle volte i gesti aggressivi, come ad esempio il morso, siano manifestazioni ben lontane da veri atti violenti ed intenzionali, è comunque doveroso, da parte del genitore, non lasciar correre il fatto avvenuto senza intervenire, e mai pensare “tanto è solo un bambino”; dare invece al bambino dei limiti chiari da tener presente; come ci spiega anche la giornalista e terapeuta della famiglia Nessia Laniado, ecco alcuni consigli utili per la gestione dell’aggressività :

  • Premesso che l’uso di punizioni ed atteggiamenti repressivi non sono assolutamente un valido strumento di contrasto, per il genitore, cominciamo a far comprendere al bambino che non è la sua persona ad essere messa in discussione, ma è il suo atteggiamento.
  • Evitare quindi frasi che possano offendere il bimbo, come ad esempio: “Sei cattivo, una peste e non ti voglio più bene”. L’effetto che si otterrà sarà esattamente l’opposto, in lui nascerà l’idea di non essere capito, accolto e l’aggressività diverrà poi sempre più marcata e meno gestibile.
  •  Accogliamo i suoi sentimenti e facciamogli comprendere che il suo stato d’animo collerico può essere normale, che fa parte delle emozioni umane, ma che potrebbe danneggiare qualcuno, se usasse le mani, i piedi oppure mordesse.
  • Sicuramente, laddove la situazione si facesse complicata, allontanarlo dagli amici o dalla persona aggredita, prenderlo da parte e con calma spiegare come, ogni gesto negativo contro altri, porti necessariamente a conseguenze spiacevoli anche per lui, ad esempio togliere nell’immediatezza l’oggetto del contendere, possibile causa scatenante dell’impeto collerico.
  • Mostrare al bambino, praticamente, i giusti modi ed atti più consoni e corretti per rapportarsi con gli altri, come ringraziare e condividere, senza prepotenze o aggressività.

Per approfondire: