Amare, apprezzare e incoraggiare i bambini
Un cuore pieno di amore va certamente onorato e dedicato ai propri figli, che hanno il diritto ma soprattutto il bisogno di sentirsi apprezzati e accolti. Un bene sincero e pieno di attenzioni da presentare al cospetto dell’interiorità di un bambino, quello che Becky A. Bailey, specializzata in psicologia dello sviluppo e l’educazione della prima infanzia, ci racconta nel suo libro Facili da amare, difficili da educare. Crescere i figli con autocontrollo e sensibilità.
Un orgoglio profondo e soddisfazione che un figlio deve percepire e un genitore deve assolutamente comunicare, far arrivare nel suo cuore; incoraggiare un bambino, fargli sentire di essere apprezzato è il più bel dono che si possa ricevere.
Come afferma la nostra autrice, incoraggiare per costruire un rapporto basato su una sana interazione e comprensione reciproca; per infondere forza e sicurezza, per dar modo al bambino di crescere e strutturarsi, insegnando ad affrontare con meno fatica le difficoltà della vita, nel suo percorso di crescita. In famiglia, favorire un clima incoraggiante tra i propri componenti è di vitale importanza, soprattutto per scongiurare depressione e negatività, ambienti violenti.
Il ruolo dei genitori
Presenza e attenzione da parte dei genitori sono necessari per creare un ambiente armonico e positivo; una interazione che promuova un costante scambio e una piena sintonia, in modo tale che si possa stare accanto al bambino e osservarlo con estrema cura. La prima cosa da tener a mente, è che un bambino ha il bisogno e la necessità di essere considerato e “visto” (leggi anche: I BISOGNI E I DESIDERI NEL CUORE DEI BAMBINI): la Bailey scrive a tal proposito: “Osservare i bambini è un modo eccellente per incoraggiarli”. Non esiste modo migliore per far sentire il bambino “guardato” ma allo stesso tempo libero dalle aspettative degli adulti, felice di poter fare da solo delle considerazioni su se stesso, scevro da giudizi esterni.
INCORAGGIARE VUOL DIRE NON GIUDICARE
I bambini, liberi dai giudizi (negativi o positivi), guardano loro stessi attraverso lo “specchio” dei loro genitori, un riflesso che deve essere discreto indubbiamente, che rivela e descrive solo quanto vede, quello che il bambino fa, accoglie senza giudicare o “etichettare”. L’amore non è legato a giudizi (“Bravo!” / “Fantastico!”), è “incondizionato” come scrive l’autrice, e il bambino questo lo sa, non ama essere giudicato ma solo accettato per quel che è e che fa, per come parla e agisce. Così afferma la Bailey: ”L’accettazione osserva e descrive ciò che esiste. L’accettazione è il fondamento dell’amore incondizionato”.
Giudizio VS Osservazione
Bailey riporta, nel testo succitato, due esempi significativi che sottolineano la differenza fra dare un giudizio e osservare (descrivendo) semplicemente:
- Giudicare: “Bel lavoro, Erica”.
- Osservare (la semplice descrizione dell’azione):” Erica, hai messo i giochi nella cesta e i vestiti nei cassetti. Hai riordinato la tua cameretta, così ritroverai più facilmente le tue cose quando le vuoi!”.
Rimarcare il lavoro fatto, eseguito esattamente, ponendo attenzione al dettaglio nella descrizione, aiuta il bambino a riflettere su di sé, a dare valore al suo operato, molto più del semplice aggettivo utilizzato come etichetta, che può sembrare il “premio” migliore, senza pensare che si sta esprimendo solo un giudizio.
Riguardo al giudizio, non è importante evitarlo solo quando si riferisce all’azione del bambino, altrettanto lo è quando i bambini più grandi, nella piena fase del linguaggio, iniziando a parlare, esprimendo le loro idee, ponendo i primi quesiti, vogliono essere assolutamente ascoltati e compresi. Bisogna evitare di sminuirli e criticarli per i loro primissimi pensieri, che spesso vengono giudicati non importanti o insignificanti dagli adulti; la considerazione delle loro prime opinioni è imprescindibile e fondamentale, sia per lo sviluppo dell’autostima del bambino, sia per il rinforzo del suo linguaggio.
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LODARE NON È SINONIMO DI INCORAGGIARE
Quando l’obiettivo è incoraggiare, occorre che il bambino percepisca, da chi lo guida e lo sostiene, la piena fiducia; il bimbo deve sentirsi sicuro, attraverso dei i genitori che confidano in lui e hanno speranza che tutto riesca e tutto si possa fare. Certamente l’errore è contemplato ma con la convinzione che tutti, adulti compresi, sbagliano e che ci sia modo per riparare ad ogni cosa, soprattutto se si vene sostenuti con amore. L’amore però, a volte, si può confondere con la consuetudine a lodare, nella forma sbagliata, pensando erroneamente di infondere coraggio ed esprimere affetto.
Leggi anche: Il valore dell’errore
Becky A. Bailey, nel libro già citato, scrive e spiega come, molto spesso, le lodi non permettono al bambino di sviluppare efficacemente la sua autostima: decisamente molto poco incisive nella sua formazione e crescita personale, molto poco utili ad incoraggiarlo. Vediamo, qui di seguito, perché.
Gli effetti collaterali delle lodi
Ø Innanzitutto, la lode nasce dalla conseguenza di un giusto comportamento o risultato; il genitore è felice quando il figlio esaudisce i desideri e dà conferma delle aspettative:” Bene, che bravo sei stato”. C’è di sbagliato che i bambini non vanno lodati solo quando tutto va bene o a risultato ottenuto. Bisogna insegnare loro che si può sbagliare e che, oltre ai risultati, esistono impegno e dedizione, la fatica e gli sforzi che si fanno per arrivare agli obiettivi prefissati.
Ø Le lodi, talvolta, possono essere eccessive ed esagerate, creando quindi nel bambino uno stato emotivo caratterizzato da aspettative molto, troppo alte, tali da portare alla ricerca di una perfezione inesistente, dunque, nel momento del fallimento, ad una frustrazione non sopportabile.
Ø In ultimo, l’autrice ci parla della lode che pone il bambino a confronto con un altro (amichetto, fratellino, sorellina ecc.), pensando così di stimolarlo a migliorare, di incoraggiarlo tramite emulazione di un altro/a, con frasi del tipo:” Vedi come è più educata la tua amichetta? Devi fare come lei, così sarai bravo”. Lo scopo però non è “arrivare primi”, la “spinta” a far bene non deve partire dalla competizione; insinuare la rivalità non è di certo un buon metodo per incoraggiare a dare il meglio di sé.
a cura di Roberta Favorito
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