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IL VALORE DELL’ERRORE: SBAGLIARE PER POI CAPIRE

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IL VALORE DELL’ERRORE: SBAGLIARE PER POI CAPIRE

“Non abbiate paura di cadere nella vita. Talvolta è il miglior modo per capire dove stiamo andando. Non vi scoraggiate. Date tutto quello che avete. E ricordatevi: cadete in avanti”.

Queste meravigliose parole sono della Fisica dei materiali Anna Grassellino. Frasi incoraggianti, che contemplano l’errore, lo sbaglio come una potenzialità da sfruttare, una possibilità di migliorare e tornare ad essere se stessi, ma più consapevoli di prima. Tutto ciò andrebbe insegnato sin da subito ai bambini, riuscendo a trasmettere che l’errore può essere accolto amorevolmente, senza credere di aver fallito per sempre e che nulla sia più rimediabile. L’errore non è un nemico, ma un punto a favore per incrementare le proprie conoscenze, per capire cosa non è andato e cosa c’è da modificare.

Luca Mori, divulgatore e filosofo, autore del testo Genitori con filosofia. 50 sfide illustrate per crescere (con) i nostri figli, dedica alcune pagine, con le sue competenti e significative parole, al tema dell’”errore”; si domanda che funzione abbia l’errore e come sia possibile trarne dei benefici.  Descrive molto bene un esempio tipico di errore, riferendosi a un bambino che disegna e prova ad essere soddisfatto del suo lavoro: se la prima volta non riesce come vorrebbe, il bambino butta il foglio e ritenta, anche più volte.

Dunque, non si ferma davanti allo sbaglio, anzi, fa nuovi tentativi, nella speranza di arrivare a quanto desiderato, pensando a come migliorare il suo lavoro. Dunque, il bambino ha in sé le risorse per crescere, comprendere e cambiare, deve solo coltivare la fiducia nell’errore, con il sostegno dei suoi genitori, imparare a considerarlo un alleato per il suo sviluppo e non un deterrente, un evento negativo. 

L’ERRORE COME RISORSA PER CRESCERE

Luca Mori continua affermando, nel suo volume, come l’errore debba diventare una occasione di riscatto, si può sbagliare ed è consentito, ma si può e si deve anche poter provare a rimediare. L’errore per acquisire una valenza degna di nota non deve essere considerato una “colpa” da cui nascondersi, una offesa verso se stessi, una evidente deprivazione di valore, ma soltanto come occasione di riflessione e analisi, di apprendimento e sviluppo. Di sviluppo e crescita, attraverso la risorsa dell’errore, ci parla anche e soprattutto la nota pedagogista, Maria Montessori.

L’errore nella visione montessoriana

Nel suo testo La mente del bambino,  descrive un bimbo di circa due anni come capace di mettersi in gioco correggendo da sé i suoi errori, per poter divenire più sicuro e crescere più forte. Riporta una frase emblematica, a tal proposito, pronunciata da un ipotetico, immaginario bambino: “Non sono perfetto, non sono onnipotente, ma so fare questa cosa e conosco la mia forza, e so pure che posso sbagliare e correggermi… così conosco la mia strada”. Si può quindi sbagliare, l’errore è contemplato nella vita, deve far parte della nostra formazione e non bisogna averne paura, temerlo; non esiste perfezione ma solo possibilità di crescita e miglioramento.  Si dovrebbe modificare la forma mentale costruita sul concetto di errore come accadimento imperdonabile, creando invece intorno ad esso una struttura positiva, che lo faccia diventare solo un nuovo inizio da cui ripartire.

L’autrice Becky A. Bailey, specializzata in psicologia dello sviluppo e dell’educazione, nel suo libro Facili da amare, difficili da educare, ci parla di errore come “modello acquisito” nel tempo,  ben radicato dentro noi stessi che ci fa sentire sbagliati quando “inciampiamo” ed estremamente colpevoli: “Non è nella natura umana sentirsi cattivi per i propri errori e buoni per i propri successi. Quest’attitudine mentale si apprende”.

I PREMI E LE PUNIZIONI SONO VERAMENTE UTILI?

Se riuscissimo, fin dalla tenera età, ad insegnare ai bambini un diverso modo di approcciare all’errore, decostruendo l’idea di “danno irreparabile”, di errore come colpa e sintomo di vergogna, non rimarrebbe che trasmetterne il solo valore positivo; l’errore non verrebbe più punito, sarebbe accolto e otterrebbe il merito di essere una occasione di crescita personale, contribuirebbe ad una nuova conoscenza, ad un ulteriore passo in avanti.

La Bailey continua, tra le pagine del suo testo, relazionando l’errore con la punizione e i buoni risultati con i premi; queste due associazioni sono entrambe sbagliate per l’autrice, ma purtroppo impiegate dai genitori come metodologie educative. Afferma, inoltre, che punire e/o premiare sono atti manipolatori verso il bambino. La minaccia o il premio distolgono l’attenzione dal vero obiettivo educativo e non dirigono la mente del bambino verso quello che è veramente importante: capire cosa si è sbagliato per riparare, affrontando le conseguenze e cercando soluzioni, oppure nel caso del premio, della giusta azione, come essa abbia significato e apporti del bene, prescindendo da cosa si ricavi materialmente in cambio.

Un aiuto dalle neuroscienze

Secondo delle ricerche, la nostra autrice, sul suo volume, ci spiega come il cervello subisca delle forti pressioni quando si sente a rischio punizione o crede di poter perdere delle ricompense promesse: il sangue viene immesso in maggiore quantità nei centri di sopravvivenza,  rispetto alle aree del cervello deputate all’attivazione del pensiero complesso (al ragionamento,  il “cervello razionale”); si è sostanzialmente in preda al panico e non si ragiona, non si costruiscono modelli utili a risolvere i problemi, si agisce solo guidati dall’impulso.

In conclusione, la giusta direzione da intraprendere, per un genitore, è sempre quella che considera innanzitutto le conseguenze dell’errore, la libertà del bambino nel tentare nuovamente e la capacità di arrivare ad una sana consapevolezza di quanto imparato, correggendo da solo lo sbaglio.

a cura di Roberta Favorito