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Come si sviluppa il linguaggio del bambino: le tappe evolutive secondo Maria Montessori

Come si sviluppa il linguaggio del bambino: le tappe evolutive secondo Maria Montessori

Secondo la nota pedagogista Maria Montessori, esistono delle tappe ben precise e chiare riguardo lo sviluppo del linguaggio del bambino. Maria Montessori, nel suo testo “La mente del bambino”, prende in esame una fascia di età che va dalla nascita ai due anni e mezzo, tracciando un percorso di crescita del linguaggio di sei mesi in sei mesi. Vediamo qui di seguito:

  • 0-6 mesi: in questo periodo di tempo il bambino osserva con estrema attenzione la bocca di chi gli parla; verso il sesto mese inizia a ripetere la stessa sillaba.
  • 6-12 mesi: inizia il periodo in cui la ripetizione ed il balbettio si fanno strada aprendo le porte, all’età di un anno, alla sua prima parola intenzionale. Una ricerca riportata da Alberto Oliverio, Professore di Psicobiologia, nel suo testo “Il cervello che impara”, ci dice, inoltre, che dall’età di sei/sette mesi il bambino comprende il significato delle parole: riconosce un oggetto nominato dal genitore, con lo sguardo, fissando l’oggetto in questione, che sia un frutto, una parte del corpo, o un particolare nell’ambiente naturale.
  • 12-18 mesi: capisce sempre più ed è prevalente la parlata infantile; il bambino si esprime attraverso l’uso delle vocali e pronuncia i nomi sostantivi.
  • 18-24 mesi: questo è il periodo in cui si affina la sua memoria e le frasi diventano più numerose anche se con poche parole; nomi aggettivi e verbi sono centinaia.
  • 24-30 mesi: dai due anni in poi ecco il “periodo esplosivo” definito così da Maria Montessori, tutto è un’effettiva “esplosione” di parole, verbi avverbi e congiunzioni; le frasi aumentano e sono varie; il linguaggio va via via completandosi ed il pensiero viene espresso con i tempi al futuro.

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Gli stimoli dati dall’ambiente: fondamentali nell’apprendimento del linguaggio

Se per l’apprendimento del linguaggio esistono delle tappe ben descritte e ben definite da Maria Montessori, altrettanto vero è che il bambino necessita di un apporto esterno affinché lo sviluppo avvenga nella sua totalità. Per apporto esterno o meglio dire fattori esterni, o anche esogeni, intendo parlare dell’ambiente che circonda il bambino e nello specifico del tipo di stimolazione che riceve. Maria Montessori, anche attraverso il suo testo “La scoperta del bambino” dà una importanza evidente a quello che sarà il contributo verbale di chi è accanto al bambino, e afferma come tra i trenta mesi e i sei anni circa quello che verrà ascoltato dal bambino contribuirà in maniera sensibile a far arricchire il vocabolario o, al contrario, apporterà un impoverimento lessicale.

L’ Utilizzo di poche le parole e magari anche del dialetto non è consigliabile per un sano sviluppo del linguaggio, come anche l’uso un linguaggio troppo infantile. Le parole ricercate e colte invece aiuteranno il bambino nel perfezionare la lingua e l’espressione di essa. Molto spesso, infatti, i difetti linguistici dei bambini, che magari esordiscono tra l’asilo nido e la scuola dell’infanzia, non sono dovuti affatto a chissà quali problematiche neurologiche, a difetti organici o a patologie particolari; semplicemente, nell’ambiente che si vive non vi è una sufficiente stimolazione del linguaggio.

Se balbetta o non parla bisogna preoccuparsi? Prima di pensare alla terapia ecco alcuni consigli pratici

Parlando di terapia del linguaggio, intendo riferirmi alla logopedia, molto spesso troppo utilizzata su bimbi al di sotto dei tre anni. Ricorrere alla logopedia, infatti, non deve essere un passaggio automatico “mamma-logopedista”: la mamma o l’educatrice/maestra di scuola hanno dei dubbi perché il bambino balbetta o non parla ancora bene, allora immediatamente ci si rivolge ad un logopedista, senza aver consultato un neuropsichiatra infantile. Non dimentichiamo che per una diagnosi, per accertare quindi un deficit organico effettivo, la valutazione deve essere affidata solo a questa figura specializzata, che può confermare eventuali dubbi e consigliare al genitore una eventuale terapia. Comunque, prima di pensare ad una visita specialistica, è bene almeno tentare con un approccio pedagogico di stimolazione e rinforzo, spesso risolutivo; insieme ad un lavoro di collaborazione tra scuola-famiglia (necessario per costruire un percorso di crescita coerente e unitario).

Vediamo come cercare di stimolare e rinforzare il linguaggio del bambino, con il contributo della terapeuta della famiglia, e giornalista Nessia Laniado:

Tra i 18 mesi e i 3 anni circa può succedere che il bambino inizi a balbettare ma è del tutto naturale, perché il grande numero di paroline e frasi che sta imparando lo travolge e deve quindi ancora imparare a gestire l’enunciazione e ciò che vuole far capire; non prendiamolo in giro e non lo forziamo a parlare con pressioni e fretta; diamo del tempo per esprimersi e cerchiamo di non correggerlo. L’importante è dimostrare comprensione e pazienza.

  • Se a due anni circa ancora non parla, ma capisce benissimo, cerchiamo solo di farlo stare con altri bambini e parliamogli il più possibile, stimolandolo a ripetere le parole che ascolta.
  • Evitiamo anche le espressioni dialettali, perché tendono a storpiare le parole apprendendole poi in maniera errata; col tempo, non capirà la giusta pronuncia, va attuato un lavoro sulla lingua sin da subito.
  • Non esprimiamoci con parole troppo complicate ma neanche attraverso il gergo infantile.
  • Parlare sempre e raccontare ciò che accade intorno è davvero importante.
  • Ogni giorno, prendere del tempo per sfogliare dei libri illustrati, le storie e racconti pieni di nuove parole associate alle immagini.
  • Musica e canzoncine, filastrocche in rima sono utili come rinforzo linguistico.

 di Roberta Favorito