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IL BAMBINO AGGRESSIVO NON HA COLPA

IL BAMBINO AGGRESSIVO NON HA COLPA

Può sembrare difficile, soprattutto per un genitore, dover pensare che dietro atteggiamenti aggressivi del proprio figlio si nasconda in realtà altro e che forse la soluzione migliore sia un’accettazione e comprensione di tale sentimento. Risulta invece più semplice addossare la colpa al brutto carattere, ma quasi sempre non vi è colpa alcuna.

Scopriamo qualcosa di più sul bambino aggressivo

Jesper Juul (1948-2019), terapeuta familiare e autore di diversi libri per genitori, sul testo Bambini con le spine. Affrontare rabbia, prepotenza o isolamento in modo costruttivo (Feltrinelli), riporta una frase davvero emblematica al riguardo, delle parole che possono apparire solo di grande effetto ma che allo stesso tempo, invece, pongono in rilievo una assoluta verità, anche come chiave per risolvere una problematica infantile spesso controproducente nel rapporto familiare:

Ciao!  Esiste qualcuno là fuori che desidera scoprire il mio mondo e che vuole provare a vivere la vita dalla mia prospettiva? Ultimamente non mi sento molto bene da solo non riesco a capire cosa fare.

Esattamente così, questa è la caratteristica predominante del bambino aggressivo, la completa perdita di un via da seguire. Si sente perso, solo e a volte anche poco importante, soprattutto agli occhi propri genitori.

Se i figli si sentono poco amati e apprezzati, provano un forte disagio che poi sfocia in aggressività, che sia lieve oppure accentuata. Nei momenti più critici di un bambino, una perdita, una novità, anche scolastica, un cambiamento significativo nella sua vita, la cura, l’amore, la pazienza e una profonda comprensione sono ingredienti principali e gli unici risolutivi contro l’aggressività.

Il suo benessere dipende dalla serenità familiare, i bambini non sono mai responsabili di ciò che manifestano o di quanto accade nel contesto casalingo e il rapporto non è ovviamente alla pari. Dunque, la mamma ed il papà devono essere presenti, accoglienti ed onesti nel loro operato.

Scuola e Educatori in Ascolto: Capire i Bambini Aggressivi e non solo

Responsabilità genitoriale, dunque, significa osservare attentamente, “vedere”, come afferma Juul, cosa si ha davanti gli occhi, e come poter trovare la soluzione più adeguata al problema. Sempre Juul al riguardo, infatti, scrive:

Ogni comportamento aggressivo e autodistruttivo di un bambino, o anche adolescente deve essere inteso come un invito.

Ovvero, invito all’ascolto, alla comprensione di quanto ha da raccontare il bambino, senza affrettarsi ad accusarlo di colpe che non ha, capire vuol dire mettersi in contatto ed in sintonia con la sua parte interiore e più delicata.

Se ciò vale per i genitori, non sono da esimere educatori/insegnanti.
La scuola è il secondo luogo dove il bambino vive per molto tempo, assorbe ciò che l’ambiente offre, si forma e cresce, dunque un’attenzione particolare nel sostenere ogni tipo di bambino che si trova a frequentare, ad esempio, la scuola dell’infanzia. Un luogo inclusivo di tante piccole personalità in crescita, che necessitano di cura e attenzione, moltissima comprensione ed accoglienza, a seconda delle esigenze più diverse.

Con le parole del terapista familiare Steve Biddulph Il segreto dei bambini felici,  proviamo a capire come l’educatrice/maestra diviene un aiuto prezioso per il bambino aggressivo e non solo:

  • Bambino aggressivo: una modalità di interazione/espressione assai diffusa, quella tipica del bambino perso, privo di riferimenti perché dai genitori non ha le giuste attenzioni ed è poco compreso, spesso solo criticato. Gentilezza e fermezza a scuola, da parte di chi educa, per fargli capire che non è solo, che può fidarsi e sentirsi guidato con affetto.
  • Bambino solitario: l’educatrice deve porsi in maniera calorosa e tenera, il bisogno d’affetto è tipico e il contatto fisico necessario per iniziare un percorso di apertura.
  • Bambino autocritico, che evita le attività: necessita di approvazione e non di essere mortificato. Messaggi che lo facciano sentire bene e adeguato, non di certo sbagliato e inappropriato. In genere è un bambino che ha ricevuto delle critiche sul suo modo di essere ed esprimersi.

Empatia e Sintonia: le Chiavi d’Accesso al Mondo Interiore del Bambino

Essere in empatia, in sintonia, vale sia per genitori che insegnanti ed educatori, non è qualcosa che predilige un metodo, innanzitutto ci vuole cuore e alcuni ricordi: quello di essere stato un bambino e la voglia di arrivare a riprovare quelle emozioni. Empatia significa specchiarsi nell’altro, e l’altro in questo caso è un bambino che tenta di comunicare un suo stato d’animo e vuole essere accolto, compreso.

L’adulto deve semplicemente “scendere da lui ed incontrarlo, mettersi nei suoi panni”. Ritrovare negli occhi del bimbo le sue stesse emozioni, coglierne l’essenza e tentare di entrare in sintonia con il suo mondo interiore, spesso ancora poco definito, soprattutto in tenera età. Le emozioni sono confuse, poco chiare, spesso sconosciute, ha difficoltà nel capirle e nell’esprimerle ancor di più.
I genitori devono poter permettere al bambino questa scoperta per poter affrontare le difficoltà.

Il bambino, sempre secondo lo psicanalista Jesper Juul, deve poter provare empatia verso i suoi genitori, l’empatia è un “antidoto contro la violenza”, contro ogni forma di aggressività. Deve comprendere innanzitutto le emozioni della sua mamma e del suo papà per poi convivere con le sue, capire che anche gli adulti possono ridere, piangere e arrabbiarsi, senza per questo sentirsi sbagliati.

Avvertire una connessione e saper di poter contare sulla sincerità emotiva dei propri genitori, senza timori o vergogna da entrambe le parti; se il bambino imparerà dai sentimenti dei genitori, anche quest’ultimi sapranno decifrare e ascoltare i bisogni e le emozioni del proprio figlio. Se interpreterà la vasta gamma delle emozioni negli occhi e nel cuore dei suoi cari, esprimendole a sua volta, sarà poi riconosciuto ed accolto con tutte le sue sfaccettature, quelle belle e quelle più complicate.

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