Pazienza, dedizione, attenzione e grandissimo impegno sono certamente requisiti imprescindibili per chi desidera lavorare con i bambini; ma bastano certe caratteristiche personali a fare di una passione una professione?
Ovviamente no.
Ci preoccupiamo moltissimo di come nutrire il nostro bambino: ci assicuriamo che il nostro latte sia sufficiente a farlo crescere bene, selezioniamo attentamente i cibi durante lo svezzamento, controlliamo il menù del nido e domandiamo chi rifornisce la mensa scolastica perché riconosciamo che alimentarsi bene permette di crescere bene.
Dopo i primissimi mesi di vita, i genitori iniziano a programmare – e spesso con ingiustificate ansie – lo “svezzamento”: questa parola, per la verità sempre meno amata perché prefigura l’idea del seno della mamma o del biberon come un “vizio” da eliminare, indica l’introduzione di cibi complementari al latte (materno o artificiale che sia) che rimarrà comunque l’alimento prevalente per il primo anno di vita del bambino.
Imparare a parlare non significa soltanto imparare a riprodurre parole.
Lo sviluppo del linguaggio è infatti l’ultima tappa di un percorso molto articolato e complesso che prevede:
I primi sorrisi, le prime parole, i primi passi… I neogenitori vivono con trepidante attesa il l’inizio di queste fasi, in alcuni casi persino con ansia quandoil raggiungimento di determinate tappe evolutive sembra tardare ad arrivare.
La fine del congedo di maternità e il ritorno al lavoro impongono alla famiglia una nuova organizzazione per delegare l’accudimento del bambino quando la mamma si assenta.
Nonni, tata, asilo nido: qual è la scelta più giusta?
Delegare l’accudimento del bambino, anche piccolissimo, è spesso una necessità inevitabile. Il precoce ritorno della neo mamma nel mondo del lavoro rende infatti indispensabile l’inserimento, nella vita familiare, di figure di supporto come appunto la babysitter.
La scelta della persona più giusta può richiedere anche molto tempo e tante sono le variabili da tenere in considerazione, soprattutto quando l’impegno quotidiano richiesto è molto consistente in termini di ore.
Ma quali sono i criteri che dovrebbero guidare la nostra scelta?
Il passaggio dal pannolino al vasino è una tappa obbligata ma che tende a generare ansie, in realtà totalmente ingiustificate. Fondamentalmente bisogna solo armarsi di pazienza e stracci per pulire a terra!
Più che la mancanza di tempo libero, la difficoltà di riuscire a farsi una doccia, la fatica di prendere un caffè con gli amici, i neogenitori lamentano la mancanza di sonno. Si moltiplicano le leggende metropolitane di neonati capaci di restare svegli per giorni e giorni, di genitori costretti a vagare in automobile di notte per far addormentare il bambino e di piccoli tiranni in grado di torturare mamme e papà con i loro occhietti spalancati alle tre del mattino.
Il neonato ha bisogno di tempo per potersi adattare alla vita fuori dal caldo abbraccio del pancione della mamma; i suoi ritmi sono profondamente diversi da quelli di un adulto e anche molto mutevoli. Soprattutto per quanto riguarda il sonno.
Molto spesso le nostre aspettative rispetto al sonno del bambino sono falsate da una scarsa conoscenza di questa diversità di ritmi. Il neonato dorme poco e spesso, e impiegherà diversi mesi per “imparare” a dormire tutta la notte.