L’importanza della musica nello sviluppo del bambino
Con le parole della terapeuta della famiglia e giornalista, Nessia Laniado, autrice del libro Il grande libro del bambino. Da 0 a 3 anni, proviamo a capire come la musica sia un contributo, decisamente rilevante, allo sviluppo e alla crescita di ogni bambino. La giornalista afferma che già dai primi “rumori” che il bimbo riproduce, inventa e crea, soprattutto tra i 12-36 mesi, si può già parlare di musica: un cucchiaio sul piatto, un bastoncino di legno sul tavolino, o anche due cucchiai che insieme possono diventare le bacchette di una batteria, che si alternano “picchiettando” su di un coperchio di una pentola. Il bambino produce suoni diversi e inventa dei giochi musicali; trasforma dei semplici utensili in originali “strumenti musicali”.
Il bambino è un vero “danzatore” quando sente la musica, si anima e quello che prova diventa pura manifestazione di sé, l’esatta espressione corporea di ciò che percepisce dentro. La musica dà vita a molteplici sensazioni: saltella, muove tutto, anche la testa va a tempo di musica, i piedini a ritmo, con la mimica del viso accompagna il suo corpo che liberamente balla e si lascia trasportare dalle melodie.
L’ascolto della musica, come afferma Nessia Laniado, contribuisce a stimolare la creatività del bambino; la musica infonde calma e serenità. Nei primi anni di vita, è giusto far ascoltare al bambino delle musiche piacevoli e soft, che saranno poi in grado di donare, in futuro, dei momenti di pace, in cui riascoltando quelle melodie dolci, il bambino potrà sentirsi confortato.
“VIVERE” LA MUSICA IN LIBERTÀ: NO ALLE PRESSIONI, SÌ ALLA SCOPERTA DEGLI STRUMENTI
Tutta la musica e i suoi vari generi sono uno straordinario stimolo alla costruzione attiva del cervello, che è completamente coinvolto sia dal punto di vista emotivo e cognitivo. Molte ricerche scientifiche ci dicono che il cervello dei bambini piccoli che ascoltano, suonano e quindi “vivono” nella musica, è certamente portato in futuro a sviluppare e creare molte più connessioni neuronali.
Non bisogna pensare però di costringere, forzare il bambino, indirizzandolo anche contro la sua volontà, verso un percorso didattico musicale. Innanzitutto, è bene che il bambino sia coinvolto nel gioco musicale, che conosca la musica attraverso le attività ludiche, a scuola ma anche a casa, se già qualcuno in famiglia è appassionato o un vero e proprio musicista professionista; è il primo passo per avvicinarlo a quel mondo. Certamente sarà lui/lei, poi, ad interessarsi o meno all’ascolto della musica o proprio agli strumenti, e a capire il loro funzionamento e utilizzo. Ogni strumento musicale ha delle caratteristiche che possono adattarsi o meno al bambino, a seconda anche delle modalità espressive di quest’ultimo, vediamone alcuni dei più conosciuti:
- Il pianoforte è uno splendido strumento che aiuta la coordinazione delle mani, del movimento fine delle dita. Non c’è bambino che davanti ad un pianoforte, anche una semplice pianola giocattolo, non abbia provato il piacere di spingere un tasto per fare uscire un suono.
- La chitarra è sicuramente uno strumento delicato, che accompagna molto spesso una emotività più celata, introversa.
- La batteria è in assoluto lo strumento che più si presta a convogliare le energie vitali di un bambino estroverso e pieno di brio.
L’APPROCCIO ALLA MUSICA SECONDO MARIA MONTESSORI
La nota pedagogista Maria Montessori, nel testo La musica nel metodo Montessori. Liberare il potenziale musicale dei bambini, curato da Sarah Werner Andrews, direttrice della formazione e consulente pedagogica dell’AMI 3-6 (Montessori Association International) presso Montessori Northwest a Portland, Oregon, dà il suo apporto specifico riguardo a: “Il significato della musica per il bambino”. Quindi, non solo una Maria Montessori pioniera di una nuova educazione infantile, ma anche una Pedagogista che, con le sue ricerche e i suoi studi mirati, attraverso la musica, dà un apporto maggiore al suo “metodo”.
Una straordinaria possibilità, ci dice M. Montessori nel testo succitato, quella di dare modo, fin dalla tenera età, di conoscere la musica e portarla nelle scuole; creare degli ambienti dedicati ad essa, o come la chiama la Pedagogista:” […] e tutti possono comprendere e godere di questa espressione delle esperienze dell’anima”. Una scuola dove la musica faccia esprimere in totale libertà il bambino, ascoltando ma soprattutto “vivendo” attraverso il movimento, le note e le più varie melodie musicali, dalle popolari alle più ricercate. Nelle scuole di Maria Montessori tutto questo viene incentivato, il bambino, inoltre, non è solo attivo nell’ascolto ma sa mantenere il silenzio, riconoscendo rumori e suoni differenti tra loro.
“Perché nessuna lingua è abbastanza ricca per dare espressione alla vita che sgorga dentro di noi… egli parla, scrive disegna, canta come un usignolo in primavera”.
(Maria Montessori)
IL METODO SUZUKI
Dell’usignolo ci parla anche il violinista giapponese Shinichi Suzuki, uno dei primi a voler insegnare musica ai bambini di tre e quattro anni, da cui deriva poi il famoso metodo “Suzuki”, risalente al periodo dopo la Seconda guerra mondiale. Il musicista, sul canto dell’usignolo, nella raccolta dei suoi scritti Crescere con la musica, afferma quanto segue: “Avevo sempre creduto che il canto inimitabile dell’usignolo fosse istintivo e innato. Non è vero. Gli usignoli che si vogliono addomesticare vengono presi dal nido degli uccelli selvatici quando non sanno ancora volare. Appena non hanno più paura e accettano il cibo, i piccoli vengono messi con un “maestro di canto” che ogni giorno, per circa un mese, fa sentire i suoi splendidi gorgheggi. In questo modo l’usignolo, ancora selvatico, è “educato” dal maestro. Questo metodo è usato in Giappone da tempi immemorabili. Insomma, è l’educazione del talento dell’usignolo”.
Si evince un metodo di insegnamento incentrato sull’educazione al canto e della propria dote canora, non sul talento innato; attraverso una assidua ripetizione e una conseguente salda memorizzazione, il maestro e l’insegnamento sono efficaci, così avviene un reale apprendimento. Suzuki lo paragona all’apprendimento di una “lingua madre”, perché viene trasmessa dai genitori con la medesima costanza, facendola ascoltare al bambino continuamente. I genitori, come e soprattutto per l’educazione globale, anche per la musica sono parte integrante del lavoro sul piccolo “usignolo “e sono determinanti nella sua riuscita.
a cura di Roberta Favorito
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