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QUANDO IL BAMBINO SI RIFIUTA DI MANGIARE, BISOGNA SEMPRE PREOCCUPARSI?

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QUANDO IL BAMBINO SI RIFIUTA DI MANGIARE, BISOGNA SEMPRE PREOCCUPARSI?

Assieme alla già nota e conosciuta terapeuta della famiglia, scrittrice, nonché giornalista, Nessia Laniado, cerchiamo di analizzare quella fase della crescita, quel momento specifico, all’incirca tra i 18 mesi e i due anni, in cui il bambino ha superato pienamente la fase dello svezzamento e, approcciando ad una masticazione sempre più definita e autonoma, incontra le primissime occasioni per allontanare dei cibi a lui poco graditi. L’età dei “no”, quella che corrisponde esattamente anche al rifiuto di mangiare alcuni cibi, alle prime rimostranze e la scelta di voltare le spalle ad alcuni alimenti presentati nel piatto, magari semplicemente perché iniziano ad emergere i  gusti e le preferenze.

Nonostante sia sempre più chiaro ed evidente, in particolar modo ai nostri giorni, come sottolinea anche Nessia Laniado nel suo testo fondamentale Il grande libro del bambino (da 0-3 anni), che l’idea di un pasto ricco e completo, l’idea di mangiare sempre e comunque tanto, sia in realtà un retaggio che tutti ci portiamo dietro, ansie di un tempo passato, fatto di guerre e carestie, dove la paura di morire di fame era all’ordine del giorno, la problematica del rifiuto del cibo desta ancora particolare preoccupazione e mette in forte apprensione il “mondo” dei genitori.

Nei paesi occidentali i bambini non sono assolutamente a rischio denutrizione, anzi, tutto l’opposto: i pediatri, infatti, generalmente spingono i genitori in direzione della moderazione a tavola, prediligono consigli che optano verso una dieta giusta ed equilibrata, che tende ad alleggerire il pasto, con i giusti alimenti ed ingredienti.  Assolutamente  banditi gli eccessi, soprattutto se si tratta di una alimentazione fatta di dolci, grassi e fritti; cibi che ovviamente contribuiscono amaramente all’insorgere di malattie gravi (ad esempio,  il diabete giovanile).


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COME FAR MANGIARE BENE IL BAMBINO: MAI DIMENTICARE DI “CONDIRE” CON LA CALMA LE GIUSTE PORZIONI

Mangiare male, in maniera errata e poco efficace, cibi veloci e poco nutrienti, è un tipo di abitudine data al bambino in determinate situazioni, con il riproporsi delle seguenti dinamiche:

  1. Molto spesso accade che a tavola, piuttosto che lasciare il bambino senza mangiare, si baratti la pietanza principale con qualcosa di dolce o di meno consono per un pasto adeguato.
  2. Dovendo stare a lavoro gran parte del giorno, i bambini possono essere viziati dai nonni che, sentendosi in qualche modo soddisfatti dal nutrire un nipote, possono concedere qualche cibo sconsigliato.
  3. Rincasando tardi da lavoro, anche i genitori stessi, quasi in un moto di compensazione, tendono a gratificare i propri figli con delle sfiziosità salate o dolcetti vari, troppo facilmente e di solito prima dei pasti principali, come la cena.

Quando si torna a casa dalla propria famiglia, i bambini sono entusiasti solo di rivedere la mamma ed il papà, in realtà non hanno bisogno di essere riempiti di cibo extra come merendine, dolciumi, patatine ecc..; la loro priorità sono l’affetto, l’amore e tanti abbracci. Per il benessere psicofisico di un bambino, è più consigliato del tempo in armonia e serenità con i propri genitori, che un pasto particolarmente ricco ed elaborato.

Se l’amore è un condimento che non deve mai mancare, è sicuramente necessario anche saper dosare le porzioni e mangiare in piena calma. Anche Nessia Laniado afferma come la calma, mentre si sta consumando un pasto, sia una sana abitudine da coltivare; niente corse o distrazioni pericolose, seduti a tavola innanzitutto e mai con la fretta di finire, non è una gara e non vi vince nulla! Le giuste quantità sono altrettanto importanti: poco e magari di più, se il bambino ne chiederà, ma mai insistere, diventando quasi aggressivi, quando un bambino non vuole più mangiare, chiedendo di lasciare o fermarsi; cadere in minacce o facili ricatti è altamente sconsigliato, perché può provocare traumi o far vivere al bambino un forte disagio durante i pasti principali della giornata.


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ALCUNE FRASI UTILI PER INVOGLIARE IL BAMBINO

Il già noto terapeuta familiare Jesper Juul, nel suo libro Ragazzi, a tavola! – Feltrinelli Editore, conferma, in maniera netta, le conseguenze spiacevoli sul benessere psicologico del bambino, quando a tavola si respira sempre una forte mancanza di comprensione e accoglienza; sottolinea come gli atteggiamenti coercitivi invadenti e dai toni denigratori facilitano un’inversione di tendenza, ovvero portano il bambino a non mangiare con piacere, anzi, amplificano il sentimento di riluttanza verso qualsiasi pietanza.

Non dimentichiamo mai che, soprattutto quando è più piccolo (circa due anni), il bimbo ha bisogno di sentirsi ripetere tante volte le cose; con parole sempre sincere e dirette, per portarlo verso una sana accettazione del cibo proposto. Il bambino al di sotto dei tre anni, inoltre, necessita di approcciare al cibo anche con le mani, per cui al genitore è richiesta anche dimostrazione di calma e pazienza; è del tutto naturale voler conoscere ciò che si mangia anche attraverso la manipolazione.

Il nostro autore propone alcune frasi finalizzate ad incentivare il bambino a mangiare, oneste, piene di profonda vicinanza al bambino, di empatia. Vediamo, dunque, cosa dire, alcuni esempi, qui di seguito:

  • Chiedere al bambino di ideare dei piatti, anche fantasiosi da cucinare insieme o che siano più di suo gradimento: “Mi daresti qualche idea? Cosa vorresti che preparassi per pranzo/cena?”.
  • Comprendere il bambino quando vorrebbe passare direttamente al dolce, ma ha ancora altro nel piatto: “Capisco il tuo volere ed il piacere di una buona fetta di crostata, ma vorrei che tu terminassi la carne prima, poi ci sarà una buon dolce”.
  • Mettersi a disposizione per cambiare anche condimenti, chiedere se qualcosa non ha un buon sapore: “Non ti piace, forse non sono riuscita a cucinarlo bene?”.
  • In ultimo, quando manca un po’ la fame, lasciare il bimbo libero di scegliere; non accade nulla, non si rischia la salute, se talvolta, non ogni giorno certamente, manca l’appetito e assecondiamo il suo volere di non terminare il pasto.

a cura di Roberta Favorito