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L’ingresso nella scuola dell’infanzia e le prime amicizie

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L’ingresso nella scuola dell’infanzia e le prime amicizie

Con l’ingresso nella scuola dell’infanzia, vengono ad aprirsi due scenari: entrano i bambini che provengono dal nido, quindi i più abituati alla compagnia, e poi ci sono quei bambini che non hanno avuto modo di approcciare e consolidare rapporti con altri coetanei, perché magari hanno passato con i nonni o la mamma/ papà i primi tre anni di vita. Ce ne parlano molto bene, dando una prospettiva tutta incentrata su ciò che realmente vive e percepisce il bambino in questa situazione, Silvia Veggetti Finzi, nota psicologa, insieme ad Anna Maria Battistin, nel libro A piccoli passi.

Le due autrici chiariscono molti concetti relativi ai bambini che si trovano di fronte ad un contesto diverso ed insieme pieno di novità improvvise; una classe, tutti coetanei e la figura della maestra. La capacità di adattarsi è fondamentale e soprattutto comincia un periodo pieno di scoperte, a volte attraversato da straordinari momenti di gioia e stupore, a volte magari un pochino destabilizzanti e anche bruschi. Arrivano i primi disturbi psicosomatici, ovvero degli strani mal di pancia, non causati da vere e proprie patologie ma soltanto da blocchi emotivi che portano il bambino a voler saltare qualche giorno la scuola. Sono piccole fasi che permettono al bambino di abituarsi a tutto ciò che di nuovo e diverso gli si presenta.

Ovviamente, superato quel momento ecco che l’amicizia e il gioco tra coetanei ha la meglio: divertimento e confronto, crescita ed evoluzione.  Il bambino approccia con altri bambini e compagni della sua età, scopre il primo vero senso dell’amicizia e ciò che ne consegue:

  • Legami forti e amore.
  • Stimoli reciprochi.
  • Misurazione dei limiti.
  • Scoperta di punti forza e risorse personali.
  • Le prime liti e l’amicizia “sofferta”.

Insieme alle amicizie anche le prime liti

L’amicizia nasce in un attimo tra bambini, ma non è amicizia se non è anche accompagnata da delle piccole liti. All’inizio è la forza dell’attrazione che fa avvicinare due o più bimbi; guardarsi allo specchio e ritrovarsi, condividere piaceri e amori, interessi e giochi, risate e puro divertimento. Poi, ecco come le due parti si ritrovano a scambiarsi le loro peculiarità differenti: il bambino cerca allora l’opposto di sé per bisogno “di compensazione”, come affermano anche le nostre autrici succitate.

La mancanza di uno è la forza dell’altro, si compensano appunto e la loro amicizia si stringe, fortificandosi. Le personalità si arricchiscono e l’uno è spinto ad imitare l’altro per migliorarsi e mettersi in gioco, per crescere assorbendo da chi gli sta di fronte e donandosi all’altro. Il bambino si trova immerso in nuovo “nucleo familiare”, comincia a capire che dall’amicizia si prende e si dà, l’amicizia dona amore e richiede un impegno, esattamente come con l’affetto familiare, nuovi rapporti ma identici sentimenti.

Le primi liti: impariamo a risolvere i conflitti

Se l’amicizia vuole e richiede amore, dalla stessa parte si ritrova anche un sentimento che è all’opposto, qualcosa che scatta anche nelle più grandi amicizie: le liti. I bambini però anche in questo sanno trovare un equilibrio, e proprio nell’avvicendarsi delle diversità individuali, nel pieno del litigio, ci si conosce e capisce. Gli adulti molto spesso, davanti ad un bisticcio, non si rendono conto delle piccole e spesso segrete dinamiche interne e possono travisare ciò che realmente sta accadendo, amplificando la situazione, entrando malamente nella loro relazione.

La miglior azione, sempre se il litigio non sfocia nella violenza, è quella di farsi da parte, cercare il più possibile di far ritrovare una stabilità emotiva tra i bimbi stessi. La pace ripristinata sarà poi una conquista per loro, sicuramente avranno percorso un tratto di vita in comune, che li avrà fatti maturare e comprendere la loro interiorità, ancora di più.

Litigare è normale e aiuta a crescere

Daniele Novara, noto Pedagogista e autore di molti libri per professionisti e genitori, nel suo volume  Litigare fa bene. Insegnare ai propri figli a gestire i conflitti, per crescerli più sicuri e felici, descrive la tanto preoccupante lite tra bambini come un passaggio naturale, pieno di emozioni e per questo formativo, orientato proprio ad un sano percorso di crescita per ogni bambino. Il litigio, come afferma l’autore, è una “esperienza fisiologica “e molto spesso sono gli adulti a dare un errata interpretazione del bisticcio; si crea una sorta di fastidio, l’istinto è quello di intervenire cercando di correggere.

Libertà del litigio

Ciò che invece sostiene nel succitato testo, il Pedagogista D. Novara, è la “libertà” del litigio, nel senso di “lasciar fare da soli ai bambini” attraverso il suo metodo “Litigare Bene” rivolto ai bimbi tra i 2-10 anni. Il metodo in questione comprende l’allestimento, da parte degli educatori, di un “Conflict Corner” (angolo del conflitto-spazio dedicato) in cui poter realmente svolgere la lite, attraverso quattro fasi o passaggi denominati “2 passi indietro “2 passi avanti”:

  1. Passo indietro da intendersi, il primo da attuare, cioè non cercare a chi dare la colpa.
  2. Il secondo passo indietro è quello di non voler a tutti i costi proporre ed imporre la soluzione al problema.
  3. Il primo passo in avanti, invece, è quello fondamentale di far parlare tra loro i bambini del litigio in questione.
  4. Il secondo passo risolutivo è quello di agevolare un accordo.

Lasciare dunque, il più possibile, che il litigio si risolva nella piena autonomia dei bambini, senza interferenze esterne. I bambini così hanno modo di sviluppare e apprendere le seguenti competenze e capacità:

  • Conoscono se stessi attraverso l’altro, capiscono e scoprono altri punti di vista oltre il loro.
  • Potenziano le risorse interiori.
  • Imparano a gestire l’emozione e si autoregolano.
  • Creano soluzioni e sviluppano la creatività nel farlo.