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Il senso di una buona educazione: la Pedagogia come risorsa

Il senso di una buona educazione: la Pedagogia come risorsa

La pedagogia ha ancora un valore e un senso?

A questa domanda risponde positivamente un noto pedagogista, tra i più famosi in Italia, Daniele Novara, un formatore che, nel 1989, ha fondato il CPP (Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti).

Daniele Novara è un promotore della buona pedagogia, dello studio dell’educazione e del sostegno ad essa come strumento costruttivo per le future generazioni.

La pedagogia è “amica” dei genitori lì dove viene accolta, apprezzata e tenuta in considerazione per il bene dei figli. Secondo Novara, i genitori, insieme ad una adeguata educazione, sono una grandissima opportunità e risorsa immensa per i bambini e ragazzi in crescita, il ruolo genitoriale è fondamentale e, secondo Novara, occorre dunque dargli sostegno.

Nel suo libro “Non è colpa dei bambini. Perché la scuola sta rinunciando a educare i nostri figli e come dobbiamo rimediare. Subito” sottolinea come, in questi ultimi venti anni circa, si sia un po’ dimenticato il valore dell’educazione e come la difficoltà di educare si sia spesso nascosta dietro a numerose diagnosi di malattie.

L’educazione crede nella stimolazione, nelle capacità e nelle potenzialità dei bambini, può essere una vera cura ed è compito del genitore far sì che ciò si realizzi nel migliore dei modi. Ovviamente, se il “vuoto educativo” viene a crearsi, non è poi così difficile che sia compensato dal settore medico e dalle sue molteplici diagnosi e certificazioni, che negli ultimi anni hanno subito una notevole accelerazione.

Il noto pedagogista afferma, inoltre, come lo sviluppo neurocognitivo del bambino, se adeguatamente stimolato, è in costante evoluzione; le neuroscienze, riguardo all’infanzia, ci parlano cervello plastico che, con i dovuti strumenti pedagogici, è in grado di compensare eventuali difficoltà. Molto spesso, quindi, le azioni terapeutiche intraprese non sono la soluzione più adeguata: alcune delle problematiche che si presentano nel bambino, come ad esempio un piccolo ritardo linguistico, invece di essere chiamate “malattie educative”, vengono classificate come vere e proprie “malattie neuropsichiatriche”.

COSA SI INTENDE PER “MALATTIE EDUCATIVE”

Daniele Novara, nel suo testo “Dalla parte dei genitori. Strumenti per vivere bene il proprio ruolo educativo, si riferisce ad un “deficit educativo o malattia educativa”, spiegando come, oggi, ma ormai da qualche anno, sia diventato più facile per un genitore ricorrere alla medicina piuttosto che alla pedagogia. In mancanza di figure educative stabili e presenti, avviene proprio questo: pensiamo alla logopedia, dilagante tra i bambini molto piccoli e diffusa anche in una fascia d’età che comprende ampiamente tutto il ciclo delle scuole elementari.

Prima di ricorrere ad essa, come suggerisce anche Daniele Novara, perché non osservare le abitudini sbagliate nella vita di tutti i giorni? Ad esempio, la poca autonomia e il ricorso, sempre con più frequenza, al “lettone.

Le poche regole sull’andare a dormire, la  mancata chiarezza sulle regole generali e dei limiti imposti, l’ uso eccessivo di dispositivi tecnologici (videogiochi e smartphone su tutti, soprattutto utilizzati precocemente) influiscono negativamente e tutto spesso sfocia in difficoltà di apprendimento o immaturità sullo sviluppo del bambino; questi, a loro volta vengono interpretati come dei veri e propri disturbi (da intendersi come deficit organico, patologia o problematica neurologica) ricorrendo, erroneamente, ad interventi terapeutici di vario genere includendo quelli farmacologici.

Può accadere infatti, sempre secondo l’autore, di scambiare un bambino molto attivo con un bambino affetto dalla Sindrome da Deficit dell’Attenzione e Iperattività OFFERTA CORSI DISTURBI APPRENDIMENTO E ADHD | (igeacps.it) (ADHD), creando confusione proprio tra uno sviluppo evolutivo rallentato e una diagnosi neuropsichiatrica.

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L’ATTENZIONE E LA CONCENTRAZIONE: COSA LE STIMOLA E COSA INTERFERISCE CON IL LORO SVILUPPO

Quando non avviene, durante la crescita, una adeguata stimolazione cognitiva, nel bambino possono svilupparsi delle piccole difficoltà che vengono scambiate poi per qualcosa di più grave, proprio come accennavamo sopra (esempio ADHD).

È davvero importante saper utilizzare al meglio alcune funzioni esecutive sostenendole e non intralciando o rallentando il loro evolversi: l’Attenzione e la Concentrazione necessitano di un particolare riguardo e possono rinforzarsi e costruirsi attraverso degli interventi di natura pedagogica che impediscono di ricorrere ad azioni terapeutiche future.

Vediamo qui di seguito, attraverso il testo di Alberto Oliverio, Il cervello che impara. Neuropedagogia dall’infanzia alla vecchiaia – Alberto Oliviero – Libro – Giunti Editore – Saggi. Psicologia | IBS  , biologo e studioso di neuroscienze, cosa sia bene attuare e cosa sia meglio evitare per stimolare l’attenzione e la concentrazione:

§  Un bambino al di sotto dei sei anni ha un livello di attenzione labile, ma anche dopo i sei anni la distrazione avviene con facilità, dopo 15 minuti circa; perciò, l’intervento migliore è quello che si basa sull’interesse e il coinvolgimento del bambino, immagini e libri accompagnati da piccoli aneddoti, “leggerezza”, senza dimenticare le pause.

§  Fondamentale insegnare la lentezza e la calma, ad esempio, attraverso l’osservazione della natura e degli animali; focalizzarsi sulla crescita delle piante, aiuta ad essere tolleranti sull’attesa.

§  Troppi stimoli, rapidi e veloci, come il telefono, i videogiochi, la televisione, immagini incessanti e videoclip, non supportano assolutamente l’attenzione e la capacità di concentrazione.

§  Infine, altro fattore interferente sull’attenzione, che non rende il bambino presente e pronto, è certamente la presenza di uno stato emotivo caratterizzato da ansia e preoccupazioni, magari derivanti da problematiche e conflitti familiari.

 

di Roberta Favorito