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Il pianto del bambino: un linguaggio da decifrare

Il pianto del bambino: un linguaggio da decifrare

Con l’aiuto delle parole, dei testi della psicoterapeuta infantile Asha Phillips I no che aiutano a crescere – Asha Phillips – Libro – Feltrinelli – Universale economica. Saggi | IBS e la terapeuta della famiglia, nonché giornalista specializzata in tematiche infantili, Nessia Laniado Nessia Laniado: libri, ebook e audiolibri dell’autore | Mondadori Store,  comprendiamo meglio cosa si intende quando si parla del pianto di un bambino.

Indaghiamo anche le differenti sfumature con cui il bimbo tende ad esprimersi attraverso il pianto, come e perché comunica piangendo. Innanzitutto, sottolineiamo la parola comunicazione, proprio perché, in un periodo di crescita in cui il bambino non ha acquisito la capacità di parlare e verbalizzare, il pianto non è nient’altro che COMUNICARE col mondo esterno, al genitore o a chi ne fa le veci, un’esigenza ben precisa, i bisogni e le diverse necessità. Non si tratta assolutamente di una “guerra” genitore-figlio, non c’è ostilità nella manifestazione del pianto, ma è solo una richiesta di comprensione e aiuto; espressione di bisogni da ascoltare e da decifrare con molta attenzione.

I genitori, quando capiscono il pianto del proprio figlio, sono felici ed orgogliosi di riuscire a soddisfarlo nei suoi bisogni; spesso però, prima di arrivare alla giusta soluzione, si tende a fare dei piccoli errori, definendo il bambino con aggettivi inappropriati, del tipo:

  • Nervoso: ma nervoso non lo è, sono solo bisogni che esprime.
  • Dispettoso: ma forse non è stato capito e quindi continua incessantemente il suo pianto.
  • Difficile e incontentabile: il bambino sa cosa gli serve, per cui è sempre e solo una questione di poca attenzione verso le piccole differenze tra modalità di pianto ed espressione di esse. A volte, Il genitore sbaglia traducendo tutto con richiesta di cibo o bisogno di sonno; fraintendendo, il bambino, giustamente, persiste col pianto per ottenere le giuste risposte.

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Non è sempre sonno o fame: vediamo per quali altri motivi il bambino piange e come comprendere le diverse sfumature

Dato per certo che non esiste solo l’esigenza di dormire o mangiare, come spesso erroneamente si tende a pensare, esistono moltissimi altri motivi che inducono il bambino ad esprimersi attraverso il pianto, anche se si tratta di un bimbo non troppo grande. Le autrici succitate danno sostegno a questa tesi e, dunque, viene a presentarsi una varia e dettagliata descrizione su cosa potrebbe necessitare al bambino, e di come sia differente il suo pianto a seconda delle sue esigenze:

Quando è spaventato: di solito il pianto si presenta in forma acuta ed è caratterizzato da una esplosione improvvisa, il bimbo si dimena e questo accade quando può trovarsi davanti a chi non conosce.

  • Quando prova dolore: è un pianto improvviso anche questo, acuto che però può essere intervallato da pause, dovute al fatto che il dolore può non persistere in maniera continuativa.
  • Quando è irritato: può essere confuso con la fame ma la differenza è che il bimbo è parecchio agitato e non riesce a fermarsi, sente che qualcosa lo infastidisce, come ad esempio il pannolino particolarmente bagnato oppure il caldo afoso e il sudore che provoca.
  • Quando è stimolato in eccesso: spesso si crede che il gioco euforico, le urla la musica alta, le tante carezze o i mille baci di amici e parenti possano solo che essere apprezzati da un bimbo, ma non è assolutamente così. Il pianto è simile a quello che si presenta in caso di irritazione, l’unica soluzione sarà quella di portarlo in un posto più tranquillo dove ritrovare la calma.
  • Quando ha voglia di compagnia: il pianto assume una forma lieve di lamento. Avvicinarsi al piccolo, dando attenzione e calore, lo rassicurerà, sentendosi cullato tornerà a sorridere.
  • Come piange quando è malato: il pianto è spesso lamentoso e non troppo acuto, persistente. È sicuramente malattia, quando tutto ciò elencato sopra sarà stato escluso.

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Le reazioni dei genitori al pianto del bambino: come influiscono le loro emozioni

Asha Phillips, in qualità di psicoterapeuta, dà parecchio risalto ed evidenza alla parte emotiva dei genitori, relativamente alla questione del pianto del bambino. Ovvero, non si limita ad esaminare, analizzare e studiare ciò che più concerne il bambino, ma ci descrive come sia importante e significativo anche quello che provano i genitori. Non di rado, infatti, capita di sentire un forte senso di disagio, ansia o anche insicurezza, quando si è di fronte al pianto del proprio bambino; sia perché trovare una soluzione non è sempre facile, soprattutto se si aspetta che il bimbo provi a comunicare una “via d’uscita”, sia perché in testa passano parecchi pensieri ed emozioni diverse, che influenzano le proprie reazioni.

Vediamo, qui di seguito, due esempi:

  • Il pianto del bambino sembra comunicare disperazione e appare fuori di sé: in realtà, molto spesso ritornano in mente ricordi dell’infanzia e il genitore sente nuovamente quel senso di insicurezza, che lo influenza e gli fa interpretare una situazione più complicata di quello che veramente è, facendosi travolgere dall’emozione.
  • Il pianto sembra comunicare tanta sofferenza: pensare che il bambino sia malato, fa scattare nel genitore sentimenti di ansia e riemergere un senso di smarrimento, panico vissuto in passato. Convincersi che possa essere qualcosa di molto grave, non fa che peggiorare la situazione; il bimbo ha bisogno della calma e della razionalizzazione del problema. Spesso è meno grave di quello che si pensa e necessita di una reazione meno esagerata e sicuramente più controllata.

 di Roberta Favorito