SVEZZAMENTO: QUANDO E COME INIZIARE
SVEZZAMENTO: QUANDO E COME INIZIARE
Dopo i primissimi mesi di vita, i genitori iniziano a programmare – e spesso con ingiustificate ansie – lo “svezzamento”: questa parola, per la verità sempre meno amata perché prefigura l’idea del seno della mamma o del biberon come un “vizio” da eliminare, indica l’introduzione di cibi complementari al latte (materno o artificiale che sia) che rimarrà comunque l’alimento prevalente per il primo anno di vita del bambino.
Quando iniziare
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di iniziare al sesto mese di vita del bambino; l’apparato digerente necessita infatti di tempo per svilupparsi completamente e fino ad allora il latte contiene tutti gli elementi necessari alla crescita del piccolo.
Come capire se il bambino è pronto
Questo però non significa che, calendario alla mano, al suo 180mo giorno di vita il bambino sarà pronto per pappe e cremine. Ci sono infatti altri segnali, oltre all’età, che indicano che il bambino è “pronto” a sperimentare il cibo:
– il piccolo riesce a stare seduto bene e a tenere dritto tronco e testa;
– il piccolo dimostra interesse per il cibo e per la tavola quando gli adulti mangiano.
Un altro segnale riguarda l’inizio della dentizione, il quale risulta essere molto diverso da bambino a bambino, per cui non è insolito vedere cuccioli di nove mesi – ancora completamente privi di denti – che però triturano grissini con grande soddisfazione!
Come svezzare
Volendo semplificare, le modalità sono sostanzialmente due:
– lo svezzamento inteso come schema fornito dal pediatra con l’indicazione degli alimenti da introdurre (specificando qualità e quantità degli stessi, ordine di inserimento, modalità di cottura, talvolta persino orari dei pasti, ecc.);
– l’autosvezzamento che consiste nel sedere a tavola il bambino durante i pasti della famiglia e lasciare che autonomamente e spontaneamente provi ad assaggiare ciò che mangiano gli altri.
La scoperta di un nuovo mondo sensoriale
Qualsiasi sia l’approccio scelto, è bene ricordare che l’introduzione di cibi complementari rappresenta per il bambino un grande cambiamento: il piccolo scopre infatti un mondo completamente nuovo in cui gli odori si trasformano in sapori, ai colori si mescolano consistenze, la bocca viene investita di nuove funzioni e inizia piano piano il processo di masticazione e digestione: la lingua scopre cucchiai e forchette, il palato la sensazione di caldo e freddo (il latte della mamma ha sempre la temperatura perfetta!), l’utilizzo del bicchiere diventa motivo di bagnetti inaspettati, e anche il transito intestinale si modifica in modo significativo (la popò cambia sensibilmente, l’odore si fa più sgradevole e il bambino può fare più fatica durante l’evacuazione).
Rispettare i tempi del bambino
Un cambiamento così importante necessita di lunghi tempi di apprendimento ed adattamento; pensare che, al compimento del sesto mese di vita il bambino inizierà a mandar giù tutto ciò che gli viene proposto, ci porterà presumibilmente ad affrontare grandi delusioni, ansie ingiustificate ed enormi sensi di colpa.
Nulla di più sbagliato!
Il bambino deve avere il tempo di sperimentare il cibo: vorrà prenderlo con le manine per conoscerne forma e consistenza, poi annusarlo ed infine portarlo in bocca, ultima sede di giudizio; potrebbe a questo punto decidere che è buono e deglutire felicemente, oppure che quello che ha assaggiato non gli piace e sputare tutto.
Niente giudizi!
Non è vero che “i bravi bambini” finiscono tutta la pappa, cosi come non è vero che “le brave mamme” non si arrabbiano mai.
Nel momento in cui iniziamo l’introduzione di cibi complementari, prestiamo attenzione a non attribuire al cibo un valore spropositato rispetto alla sua funzione; non ha alcun senso premiare il bambino che spazzola via tutto il pranzo così come non ha alcun senso rimproverarlo perché non ha voluto mangiare. Rispettarlo nei suoi tempi e lasciare che acquisisca consapevolezza del suo livello di appetito e della sensazione di sazietà, gli consentirà di maturare un rapporto sano e positivo con il cibo.
Niente distrazioni
Uno dei modi peggiori per approcciare lo svezzamento è quello di trasformare il pasto in una specie di carosello in cui i genitori, i nonni e i vicini di casa danno il via ad una serie di attività di intrattenimento per far mangiare il bambino.
Bambini imboccati mentre corrono per casa, mentre sono sull’altalena, mentre giocano con la palla, mentre guardano la televisione, mentre la nonna fa le facce buffe (per indurlo a ridere così quando il piccolo apre la bocca gli viene somministrato a forza l’ultimo, indispensabile cucchiaio di pappa!)…Sono modalità assolutamente inadeguate!
Il bambino non ha bisogno di essere distratto per mangiare, anzi lo svezzamento dovrebbe insegnarci che il pasto è un momento di convivialità, l’occasione per stare insieme e raccontarsi la giornata, o quanto meno per fare onore al piatto di pasta che abbiamo davanti; la televisione dovrebbe rimanere spenta per tutti!
In quest’ottica, non ha alcun senso programmare per il bambino orari diversi da quelli della famiglia: fatta eccezione per necessità oggettive, che bisogno c’è di far pranzare il piccolo alle 11.30 se il resto della famiglia si mette a tavola alle 13.00?
E se il bambino non MI mangia?
Esattamente come non esistono due bambini identici tra loro per fattezze e carattere, non esistono due bambini identici per appetito e gusti; forzare il bambino a mangiare non comporta nessun vantaggio, ne’ nell’immediato ne’ nel lungo termine, anzi sono sempre più numerosi i pareri medici secondo i quali un sano rapporto con il cibo si costruisce sin dai primi mesi di vita, abbandonando ogni approccio che non sia completamente rispettoso di gusti e tempi del bambino.
Per cui, se il nostro piccolo gode di buona salute, se cresce e sta bene, non facciamo paragoni con i figli delle nostre amiche che sarebbero capaci di mangiare anche i tavoli mentre il nostro continua a sputare i broccoli che tanto amorevolmente abbiamo lessato per lui. Adesso che ci pensiamo… a noi i broccoli nemmeno piacciono!
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